Incendio Euroferry Olympia


Sventato disastro ambientale al largo di Corfù, ma la sicurezza in navigazione resta un’emergenza urgente.
Alle 4 di mattina del 18 febbraio scorso un incendio, le cui cause sono ancora ufficialmente sconosciute, è scoppiato a bordo della nave ro-ro Euroferry Olympia battente bandiera italiana che collegava la città greca di Igoumenitsa a Brindisi. È successo al largo della costa nord dell’isola di Corfù, fra la Grecia e l’Albania. A bordo della nave vi erano circa 239 passeggeri (ma pare ci fossero anche dei clandestini) di varie nazionalità, e 51 membri dell’equipaggio (italiani e greci). Inoltre, la nave trasportava 153 mezzi commerciali (tra camion e semirimorchi), nonché 32 veicoli al seguito dei passeggeri.
Il traghetto è stato evacuato dal comandante ma all’appello mancavano 11 dispersi. A distanza di settimane, ancora il numero delle vittime non è definitivo: 9 quelle accertate.
Un aspetto grave ed inquietante è subito emerso dalle prime testimonianze, poi confermate dal ritrovamento dei corpi, secondo le quali a bordo dell’Olympia ci sarebbero stati passeggeri in viaggio all’interno dei garage e dei camion, una pratica scorretta, vietata dalle norme di sicurezza.
A bordo del traghetto erano presenti 800 metri cubi di carburante destinato alla propulsione e 23 tonnellate di merci pericolose corrosive. A seguito di sorvolo effettuato dal velivolo Atr della Guardia Costiera italiana, era stato ipotizzato un possibile sversamento. Il Ministero della Transizione Ecologica, quindi ha subito approntato, a supporto alle autorità straniere, un mezzo antinquinamento della Castalia (il supply vessel Ievoli White) partito dal porto di Bari e giunto sul posto la mattina seguente.
Non sono risultati sversamenti di combustibile a mare né sembrava compromessa la stabilità della nave che infatti è stata rimorchiata al porto di Astakos ad Aitoloakarnanias.
L’incidente del 18 febbraio ricorda il disastro del traghetto dell’Anek Lines, andato a fuoco nello stesso specchio di mare il 28 dicembre 2014 e trasformatosi in una trappola di fuoco per 31 persone. In entrambi i casi le fiamme si sono sviluppate nei garage e, stando alle testimonianze, anche sulla nave battente bandiera italiana c’erano camionisti nei garage durante la navigazione.
Non si può prescindere, quindi dal farsi domande sul problema della sicurezza in navigazione e quello del possibile conseguente disastro ambientale. Non troppo tempo fa, nel marzo del 2019 un’altra nave andò a fuoco ed affondò nel Golfo di Biscaglia mentre faceva rotta verso il Marocco, con il suo carico di auto e altri veicoli usati, rimorchi e macchine edili, oltre, a rifiuti da riciclare, pneumatici e alcuni contenitori contenenti materiali pericolosi. Si trattava della nave “Grande America“, di 214 metri proveniente da Amburgo e che doveva attraccare a Casablanca.

Supply Vessel IEVOLI WHITE dislocato a Bari

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